La dedizione di Giuseppina, volontaria Cisom e la battaglia di Prasanna, senza fissa dimora, per riconquistare dignità e reintegrarsi socialmente

La mia storia di volontariato con il CISOM è iniziata in maniera piuttosto casuale. Ho iniziato a partecipare ai pellegrinaggi con l’Ordine di Malta, e la scintilla è scattata durante i viaggi a Lourdes. Da lì, quando mi sono ritrovata con più tempo libero da dedicare agli altri, ho sentito il bisogno di dare una mano. Trovare il CISOM è stato come trovare una famiglia, un punto di appartenenza, il che è sempre stato fondamentale per me, avendo cambiato città diverse volte.

Sono volontaria dal 2016, ma in realtà la mia esperienza in questo tipo di volontariato risale all’89. Il mio impegno non si limita solo all’Unità di Strada. Sono coinvolta in vari servizi, a seconda delle necessità e della mia disponibilità. Ho anche seguito diversi corsi di formazione al fine di essere pronta a gestire situazioni emergenziali in contesti diversificati. Qui a Lucca, dove attualmente sono impegnata, è stato un crescendo di attività.

Una delle storie più toccanti è stata quella di Prasanna, anche se da molti viene chiamato Manjula o Fernando. Durante il mese di aprile, nel periodo pasquale, io e i miei colleghi del CISOM abbiamo avuto l’opportunità di incontrarlo durante le nostre uscite con le unità di strada. Era arrivato in Italia con l’intento di trovare lavoro, ma il destino gli ha riservato anche un incontro speciale: ha conosciuto una donna, anch’essa dello Sri Lanka, che in seguito è diventata sua moglie. A causa dell’alcolismo, sua moglie lo ha cacciato via di casa e così si è ritrovato a vivere per strada. Le sue condizioni di vita erano estremamente difficili: aveva perso tutto, dagli effetti personali ai documenti. Mi ricordo dell’incontro in cui ci mostrò i documenti che possedeva, insieme a un referto medico che evidenziava la sua malattia diabetica e la cirrosi. La sua situazione è ulteriormente peggiorata quando gli hanno rubato tutto ciò che possedeva.

Per alcune settimane lo abbiamo perso di vista, poi lo abbiamo rivisto e la sua situazione era peggiorata. Era maleodorante e incapace di reggersi in piedi. La sua glicemia doveva essere alle stelle, considerando il referto medico che avevo visto. Ciò mi ha spinta ad agire, chiedendo aiuto alle squadre di pronto soccorso.

Purtroppo, le visite al pronto soccorso non hanno portato aiuti significativi. Veniva dimesso nonostante la glicemia altissima, cosa che per una persona sarebbe stata letale. Abbiamo dovuto insistere, coinvolgendo assistenti sociali e medici, fino a quando finalmente è stato ricoverato. Durante questo periodo noi volontari CISOM eravamo presenti per lui ogni giorno, portandogli piccole attenzioni come la biancheria pulita. Gli raccomandavo costantemente l’igiene personale: spazzolino, lavarsi i denti, la doccia quotidiana. Era fondamentale aiutarlo a ritrovare la propria routine, essenziale per interagire con gli altri e svolgere attività quotidiane. Ad affiancarci in questa fase la dottoressa Lucia Altamura, Coordinatrice Assistenti Sociali del Comune di Lucca, una donna eccezionale. Ci ha fornito un forte supporto in questa situazione e ci ha messo in contatto con il dottore del pronto soccorso. È stata lei a muoversi per trovare un posto dove poterlo sistemare una volta dimesso.

Dopo la dimissione, è stato collocato nel dormitorio di via Brunero Paoli qui a Lucca. Questo dormitorio generalmente è destinato a ragazzi che hanno anche un lavoro e quindi una certa autonomia, sebbene non sia del tutto appropriato per lui. Nonostante ciò, è stato inserito in questo contesto in cui attualmente risiede.

Appena dimesso, la prima cosa che abbiamo fatto è stata portarlo in un centro di telefonia, gli avevo regalato un vecchio cellulare dove abbiamo inserito una scheda telefonica, in modo che potessi comunicare con lui quando necessario. La prima cosa che ha fatto è stato contattare la sorella che era rimasta nello Sri Lanka, sembrava che non si sentissero da un paio di anni. La sorella era estremamente preoccupata perché non aveva più avuto sue notizie. Gli ho regalato una bicicletta, ha iniziato a sentirsi meglio. L’attività fisica lo ha aiutato molto. Successivamente, l’ho accompagnato a varie visite mediche e durante il suo ricovero è emerso un problema piuttosto serio: ha un tumore al fegato. Anche il supporto del Serd qui a Lucca e il suo impegno sono stati importanti per il suo miglioramento. Tuttavia, cercare un lavoro per lui è stato difficile a causa di false voci che girano sulla sua salute. Ad esempio, alcuni hanno detto che ha l’epatite, quando in realtà ha un tumore al fegato, ma queste false informazioni hanno compromesso le opportunità di lavoro.

La sua riabilitazione e reinserimento nella società sono ancora in corso. Tuttavia, data la gravità della sua situazione, è difficile prevedere che possa ricevere un trapianto. Attualmente ha 55 anni.

Il reinserimento di queste persone richiede tempo e impegno. Sono soggetti che possono essere recuperati, ma necessitano di supporto e di un percorso di riabilitazione. Bisogna lavorare per far comprendere alla società che queste persone possono essere reintegrate.

Ho suggerito a Prasanna di organizzare un incontro con la sua figlia più giovane prima delle festività natalizie, auspicando che possa rappresentare un’occasione per ristabilire un legame familiare. È cruciale che la figlia sia informata sulla malattia del padre, poiché è fondamentale conoscere la situazione dei propri genitori.