A Brescia il 2022 si chiude in modo complessivamente positivo

Si chiude complessivamente in rialzo il 2022 della Metalmeccanica bresciana: la variazione media annua dell’attività produttiva rilevata nella meccanica è pari al +5,2% sul 2021, mentre per la metallurgia l’evoluzione appare appena positiva (+0,1%).

A evidenziarlo è la più recente edizione dell’indagine trimestrale condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia su un panel di aziende associate.

Per quanto riguarda il solo 4° trimestre dell’anno appena concluso, la meccanica ha segnato, tra ottobre e dicembre, una crescita del 5,6% rispetto allo stesso periodo del 2021 (dopo il 5,4% rilevato tra luglio e settembre), mentre la metallurgia ha registrato una crescita più modesta (+0,4%, dopo il -2,4% riscontrato nel 3° trimestre.).

Gli andamenti trovano giustificazione nella ripresa dell’attività produttiva, dopo la consueta chiusura della maggior parte degli stabilimenti nei mesi estivi, e nell’attenuazione delle problematiche in precedenza riscontrate sul versante operativo, legate, in particolare al “caro energia”. A riguardo, va segnalato che, nell’ultimo trimestre del 2022, la maggioranza degli operatori intervistati non indica alcun fattore di freno alla produzione (37% nella meccanica e 50% nella metallurgia), mentre le rimanenti risposte si concentrano, nell’ambito della meccanica, sulla scarsità di materie prime (22%), sulla scarsità di manodopera (19%) e sulla domanda insufficiente (18%). Per quanto riguarda la metallurgia, invece, la domanda carente è indicata dal 25% delle aziende, seguita, a distanza, dalla scarsità di manodopera (13%). In tale contesto, il costo dell’energia, che aveva colpito importanti segmenti produttivi in buona parte del 2022, negli ultimi mesi dell’anno di fatto non è segnalato come un fattore particolarmente critico.

“Il 2022 si è chiuso positivamente per la Metalmeccanica bresciana, e anche i dati relativi al primo trimestre dell’anno in corso appaiono incoraggianti – commenta Gabriella Pasotti, presidente del settore Meccanica e Meccatronica di Confindustria Brescia –. Tuttavia, servirà aspettare il secondo trimestre per capire quale sia davvero la situazione generale: per i mesi a venire, ci aspettiamo infatti un rallentamento dettato dalle ormai note questioni belliche e dei rincari energetici. Ad esse si aggiungono due importanti questioni: i dubbi sul futuro dell’Automotive, legati alle rigide imposizioni dell’Unione Europea, e l’ormai cronica carenza di personale che riguarda il nostro settore. Se le grandi aziende si stanno attrezzando in quest’ottica con delle academy interne, per le PMI il discorso è decisamente più complesso. In questo senso diventa perciò fondamentale il rapporto con gli istituti scolastici, che devono darci una grossa mano in ambito formativo.”

“L’abbassamento delle quotazioni delle materie prime siderurgiche e dei costi energetici, sperimentato negli ultimi mesi, sta avendo un effetto calmierante sui costi di produzione e una conseguente riduzione dei prezzi dei prodotti siderurgici – aggiunge Giovanni Marinoni Martin, presidente del settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di Confindustria Brescia –. Questo porta a una minore pressione sulle imprese, che recuperano una leggera competitività con gli altri player extraeuropei, comunque avvantaggiati da costi energetici ed ecologici più bassi. Le preoccupazioni per il passaggio alla filiera dell’auto elettrica stanno invece lentamente passando dalle imprese alla politica, che comincia a mobilitarsi per modificare il piano europeo di azzeramento del motore termico. Quello che pesa davvero oggi è però il costo dell’indebitamento che, se non calmierato a breve, potrebbe rallentare le decisioni sugli investimenti futuri delle imprese. Oltre a questo, la scadenza al 31 marzo del credito d’imposta per energivori e gasivori, non ancora rinnovata, porta un’incertezza al sistema produttivo. Le imprese stanno aspettando un vero rilancio dell’edilizia pubblica trainato dal PNRR che si tradurrebbe in una spinta in particolare per le realtà metallurgiche specializzate nella produzione di acciaio per costruzioni. Oggi la vera preoccupazione delle imprese è comunque quella di un possibile rallentamento, dovuto alla revisione del sistema di cessione dei crediti per la ristrutturazione, che potrebbe provocare un forte rallentamento nel settore dell’edilizia.”

Le prospettive per i primi mesi del 2023, formulate dalle imprese a gennaio di quest’anno, sono nel complesso positive, nonostante un quadro non privo di elementi di forte incertezza, tra cui spiccano il protrarsi del conflitto tra Russia e Ucraina, il rallentamento dell’economia a livello globale, la stagnazione in Germania (storico e strategico partner commerciale per il settore metalmeccanico bresciano) e le ancora elevate quotazioni delle materie prime industriali. Nella meccanica, il saldo netto tra operatori “ottimisti” e “pessimisti” è positivo (+25%), mentre nella metallurgia tale saldo è pari a +13%. Va tuttavia segnalato che, in entrambi i comparti, la maggioranza assoluta degli intervistati si sia espressa verso la conferma dei livelli produttivi rilevati a fine 2022. In tale contesto, la nuova stagione di rialzi dei tassi di interesse, intrapresa dalla BCE come risposta all’inedita inflazione dei prezzi al consumo di questi mesi, non sembra allarmare l’industria metalmeccanica locale. Una rilevazione ad hoc, realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia nei primi giorni del 2023, ha infatti evidenziato che, l’incremento dei tassi avrà, almeno per il momento, conseguenze nel complesso contenute sulla redditività aziendale: infatti, l’81% delle imprese meccaniche e il 69% di quelle metallurgiche dichiara impatti marginali. Va tuttavia segnalato che il dato complessivo è una sintesi di opinioni particolarmente differenziate a livello dimensionale, con le realtà più piccole complessivamente più in difficoltà rispetto a quelle più grandi.

Infine, nonostante le difficoltà affrontate lungo il 2022, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni rimane nel complesso contenuto. Le ore autorizzate nell’ultimo anno sono infatti diminuite del 52% rispetto al 2021, passando da 19,8 a 9,4 milioni. In particolare, la componente ordinaria è calata del 54% (da 12,9 a 5,9 milioni di ore), mentre quella straordinaria ha subito una flessione del 49% (da 6,9 a 3,5 milioni di ore). Tuttavia, il confronto con il 2019 mostra una crescita del 76% (sintesi di un +118% della CIGO e di un +33% della CIGS). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che nel 2022 le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte dalla CIG siano circa 1.500, contro le oltre 14 mila del 2020 e le 1.200 del 2019.