Ue: stop alla vendita di veicoli con motore termico dal 2035

Il provvedimento approvato dal Parlamento europeo che vieta la vendita di veicoli con motori termici dal 2035 rischia di generare delle gravi ripercussioni per le aziende del nostro territorio. Il Bresciano, infatti, è il cuore nevralgico della componentistica automotive italiana, primo in Lombardia e secondo su scala nazionale.

«In vista della scadenza, le case automobilistiche dovranno sin da subito prevedere importanti piani di investimento per lo sviluppo di nuovi modelli elettrici e per l’adeguamento delle strutture produttive, generando effetti sull’intera filiera automotive già nell’immediato – commenta il presidente di Unionmeccanica Confapi Brescia Gianluca Baiguera, consigliere delegato di Galba srl, realtà di primo piano nel panorama nazionale nel settore -. Considerando che per progettare e validare nuovi prodotti servono mediamente dieci anni, rischiamo di vedere azzerati già dal 2025 gli ordini per il lancio di nuovi prodotti su auto a motore termico».

Il rischio sollevato da Confapi Brescia «è che ci si stia muovendo senza aver valutato opportunamente le questioni dell’adeguamento infrastrutturale e del fabbisogno energetico legati alla transizione al Full-Electric – continua Baiguera -. In assenza di valide risposte su queste due fondamentali tematiche si rischia di investire su un’idea di mobilità che purtroppo, al momento, non trova delle concrete opportunità di applicazione su larga scala. Inoltre, se gli investimenti fatti in questa direzione non verranno ripagati, sarà l’intera filiera e crediamo l’Europa in generale a pagarne le conseguenze».

Un pericolo sollevato anche «da alcuni esponenti di spicco del mondo automotive – continua il presidente – i quali si dimostrano scettici sull’elettrificazione come unica via per ridurre le emissioni. Lo dimostra la strategia di uno dei principali produttori mondiali che ha puntato anche su idrogeno e ibrido. Una scelta che rivela un approccio diverso rispetto a quello adottato dall’Unione Europea».

Per queste ragioni, «crediamo che questa rigida scadenza del 2035 vada ripensata, anche rivalutando soluzioni alternative come, ad esempio, quelle dei biocarburanti o del motore ibrido, che avrebbero ricadute meno gravi per le aziende metalmeccaniche del comparto automotive e che sarebbero in grado di coniugare obiettivi di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Se si continua su questo binario, il rischio di una grave crisi occupazionale è molto concreto».