Microelettronica: settore in cui «l’Italia puo giocare le sue carte

La partita globale della microelettronica e dei chip rappresenta una sfida fondamentale per l’industria internazionale e per il posizionamento competitivo delle più grandi potenze. «L’Italia può giocare le sue carte in una sfida in cui si sommano tutte le determinanti di un cambio di paradigma che sta notevolmente condizionando l’industria di frontiera. In primo luogo, la sovrapposizione tra questioni economico-industriali e dinamiche geopolitiche», dichiara Andrea Muratore, analista di Confapi Brescia.

In quest’ottica, l’analista ricorda che «il campo occidentale guidato dagli Usa sta mettendo in atto politiche di disaccoppiamento dal gigante cinese, unendo nelle filiere strategiche Paesi dalla comune visione identitaria, valoriale e politica». Inoltre, aggiunge Muratore, «i semiconduttori sono l’unità di misura della capacità di un sistema di competere nelle rivoluzioni tecnologiche pifi avanzate. A partire da quella dell’intelligenza artificiale, attorno a cui ruotano le strategie di ingegneria industriale» con cui gli Usa vogliono attrarre investimenti in nuovi impianti: «il colosso Taiwanese TSMC punterà 65 miliardi di dollari per un impianto di chip da 2 e 3 nanometri destinato a entrare in operatività nel 2027 con i sussidi del Chips and Science Act che copriranno un sesto della spesa e che avrà sede in Arizona; Micron inaugurerà un grande impianto nel 2028 in Idaho e la sudcoreana Samsung metterà 20 miliardi di dollari su una nuova factory in Texas».

Di fronte a questa mole di investimenti, Muratore ricorda che «anche l’Europa non si è tirata indietro. E le prospettive del settore riguardano da vicino anche il nostro Paese e il sistema industriale del Nord Italia, di cui la Lombardia e Brescia sono una chiave di volta. L’Unione Europea si è impegnata col Chips Act comunitario a creare le condizioni per portare dal 10 al 20% entro il 2030 la quota di mercato del Vecchio Continente in questo settore. La Francia, a tal proposito, è partita lunga assieme alla Germania nel sussidiare nuovi impianti: Parigi sostiene l’espansione del sito StMicroelectronics a Grenoble-Crolles, Berlino invece il maxi-investimento dell’americana Intel per un impianto da 30 miliardi di euro a Magdeburgo, in Sassonia-Anhalt».

E l’Italia? A dicembre 2023, spiega Muratore, «il governo Meloni ha messo sul tavolo 3,3 miliardi di euro per sostenere da qui al 2030 l’industria dei semiconduttori. La quale, lo ricordiamo, è abilitante strategica per molte filiere decisive per la manifattura nazionale: l’automotive, specie in un contesto di transizione elettrica, i macchinari di precisione, sempre più integrati con l’internet delle cose, la meccatronica e l’elettrotecnica. L’Italia sta costruendo una sua sistemica “Chip Valley” in un triangolo attorno a Milano che ha due vertici: Agrate Brianza, sede dei siti italiani di StMicroelectronics, che produce wafer e chip funzionali a diversi settori industriali, e Cernusco Lombardone, dove opera Technoprobe, leader globale delle schede di verifica dei chip (probe card) sono già operativi. Ad essi potrebbe aggiungersi Novara, ove è destinata a insediarsi Silicon Box, azienda di Singapore che ha annunciato 3,2 miliardi di euro di investimenti per produrre i chiplet, porzioni di processore che si integrano in chip più complessi».

Questa vivacità si somma all’emersione del tema della costruzione di filiere europee tramite la «strutturazione dell’Alleanza delle Regioni Europee per i Semiconduttori (Esra) presieduta dalla Bassa Sassonia e avente il Piemonte come territorio alla vicepresidenza. I semiconduttori sono poi centrali nella Cabina economica del Nord-Ovest che integra come alleati gli Assessorati allo Sviluppo Economico di Piemonte, Lombardia e Liguria». I colli di bottiglia da vincere sono soprattutto quelli della «formazione di personale adeguato, oggi particolarmente importante», nota Muratore. Un tema su cui «l’alleanza tra istituzioni e territori può contribuire a sopperire. E Brescia, avente una florida base universitaria e industriale, può essere un territorio – laboratorio. Il tema della cooperazione e condivisione di conoscenze appare cruciale per permettere al sistema del nostro Paese di scalare posizioni in una filiera competitiva e complessa, ma dai ritorni assicurati. In termini di prosperità economica e, al tempo stesso, sicurezza industriale e delle filiere».