Unionmeccanica Confapi Brescia: l’industria meccanica bresciana e l’eredità dell’inflazione tra incertezza e speranze di un 2024 migliore

Il calo dell’inflazione è un buon segnale in tutta Europa, ma per le imprese produttrici della filiera meccanica, il costo del denaro e i tassi sono ancora eccessivamente alti per dichiarare finalmente vinta la battaglia contro i rincari che impattano sulle dinamiche industriali. E su settori come la meccanica pesa ancora l’eredità strutturale del biennio del caro energia e delle incertezze globali. Le tre spine della meccanica bresciana, in particolare, sono, oltre agli aumenti dei prezzi, i trend di sviluppo del principale mercato di riferimento, la Germania, e le decisioni delle principali case produttrici. Questa la visione di Confapi Brescia sull’andamento strutturale di un settore da sempre trainante per l’industria del territorio, sottoposto tanto a grandi pressioni a livello di riconversione del settore principale di sbocco, l’automotive, quanto a congiunture complesse che nell’ultimo biennio si sono esplicitate.

 

Per il 2024 l’inflazione complessiva media nell’area dell’euro è prevista in calo dal 6,5% del 2023 al 3,5% nel 2024. Nonostante ciò, ad oggi, il costo del denaro resta ancora su livelli eccessivi per favorire, fino in fondo, una ripresa degli investimenti. Ulteriori riduzioni dei tassi di interesse da parte della BCE ed una politica fiscale di stimolo agli investimenti in sede europea appaiono ora più che mai necessarie per portare l’economia continentale e quella italiana fuori dalle secche.

«Nonostante la recente stabilizzazione dei prezzi energetici, la meccanica italiana e, di conseguenza, quella bresciana, stanno ancora subendo gli effetti dell’onda lunga dei rincari di energia e gas, esasperati dalla guerra in Ucraina, che, dallo scorso anno, hanno innescato un meccanismo caro-prezzi ed elevati livelli di inflazione», dichiara Gianluca Baiguera, presidente di Unionmeccanica Confapi Brescia. L’unione di categoria, sul 2023, rileva «un deterioramento della congiuntura settoriale ed un peggioramento dei principali indicatori relativi agli ordini in portafoglio, ai volumi di fatturato e di produzione industriale, che si contraggono progressivamente da più di 9 mesi per la maggioranza delle aziende oggetto di analisi».

 

In questo contesto, nota Baiguera, «molte aziende del settore, soprattutto nell’indotto auto, faticano ad adeguare i listini di vendita ed a trasferire al mercato l’aumento generalizzato dei costi che ormai riguarda tutti i fattori di produzione: dal costo del lavoro attraverso gli adeguamenti del CCNL, alle macchine utensili, i trasporti, gli imballaggi ed il materiale di consumo». Tutto ciò determina inevitabilmente una perdita di competitività del sistema ed una sensibile riduzione della marginalità operativa delle aziende.

 

«Se a tutto questo – aggiunge Baiguera – accostiamo l’aumento dei tassi di interesse è facile prevedere, per la fine del 2023, una riduzione generalizzata della redditività delle aziende del nostro settore».

Storicamente l’industria meccanica è un settore che ha sempre mantenuto un trend di crescita, ad esclusione del crollo eccezionale dovuto alla crisi pandemica del 2020, riuscendo a restare forte nonostante le difficoltà degli ultimi anni. Per la prima volta, ora ci si trova di fronte a un’inversione di tendenza, che sta mettendo in difficoltà un settore fondamentale per l’economia italiana. E che, oltre alla problematica dei rincari e dei costi dell’energia, le aziende del settore devono guardare ai trend del mercato tedesco e a quelli delle decisioni strategiche del campo automotive.

 

«Siamo fiduciosi – osserva Baiguera – che nel 2024, oltre alle previsioni di crescita dell’economia italiana, si realizzi anche la ripresa della Germania che, come sappiamo, rappresenta uno dei principali partner commerciali e produttivi per le aziende del settore metalmeccanico del nostro territorio». D’altro canto, però, «desta forte preoccupazione la tendenza delle principali case automobilistiche europee a delocalizzare la produzione in Paesi low-cost per abbattere i costi di produzione. Questa situazione rischia di mettere a rischio un settore fondamentale per l’economia italiana, con impatti devastanti sul piano occupazionale. Crediamo che la politica, su questo tema, debba intervenire attivamente per tutelare le aziende e le produzioni Made in Italy», conclude il presidente di Unionmeccanica Confapi Brescia.