Renato Bara, il cantautore che ha imparato a sognare guardando un organo
[Mo.Ma] – C’è chi si avvicina alla musica per caso, e chi invece se ne innamora lentamente, nota dopo nota, come accade con le passioni destinate a restare. Renato Bara, cantautore bresciano, appartiene a questa seconda categoria. Il suo primo colpo di fulmine musicale non è arrivato da una chitarra o da una radio, ma dall’organo che dominava la Chiesa del suo paese: uno strumento maestoso che, da bambino, lo lasciava incantato per la sua potenza e la sua grazia.
Da quel primo sguardo è iniziato un viaggio fatto di studio, curiosità e dedizione, alimentato dall’ascolto dei grandi cantautori italiani, che nel tempo hanno lasciato in lui un’impronta profonda. Renato Bara scrive e canta con sincerità, cercando di restituire in ogni brano un frammento della propria esperienza, senza mai smettere di mettersi in discussione.
Oggi la sua musica trova casa nei brani “Vita” e “Ho visto (b)”, pubblicati sulle principali piattaforme digitali e prodotti in collaborazione con lo Studio Phoenix di Castel Mella, fucina di talenti locali. Ma prima ancora che dal pubblico, ogni canzone di Renato deve passare dal più severo dei banchi di prova: quello del suo “controllo qualità familiare”, come ama scherzosamente definirlo, un piccolo comitato domestico che approva – o boccia – ogni nuova idea musicale.
Nell’intervista realizzata da Manuel Moretti, Renato Bara racconta il suo percorso, le radici bresciane, la ricerca di autenticità e la gioia semplice di chi, ancora oggi, si emoziona ogni volta che sente vibrare un tasto d’organo.
