L’appello alla pace di Michele Battagliola sulla facciata di Palazzo Broletto
È stato presentato e disvelato, nella sala consiliare di Palazzo Broletto, il progetto d’arte contemporanea site-specific, commissionato dalla Provincia di Brescia al giovane artista bresciano Michele Battagliola e curato da Davide Dotti.
“Peace by Peace” è un’invocazione e, al contempo, un inno alla pace di cui, mai, come in questo momento, si è sentito un bisogno stringente. Un’opera che irrompe nelle coscienze per esorcizzare le guerre, più o meno lontane da noi, che attualmente infiammano il pianeta, ma anche per smorzare quella conflittualità, nemmeno troppo latente, che profila la nostra quotidianità, sempre più filtrata da realtà virtuali.
Michele Battagliola ha raccolto la sollecitazione della Provincia per veicolare il messaggio, lanciato attraverso uno stendardo, che sarà collocato sulla facciata di Palazzo Broletto e che parla di processi meticolosi per la costruzione della pace, di legami da tessere, pensando ad un unicum armonico di confronto e di comprensione reciproca, di scambio di esperienze ed emozioni. Il gioco di consonanze tra “Peace by Peace”, pace dopo pace, e “piece by piece”, pezzo dopo pezzo – una sorta di sottotitolo dell’opera – è il richiamo travolgente alla necessità di un apporto collettivo, di uno sforzo da profondere in ogni piccolo gesto, per recuperare una dimensione di essenza, radici e capacità di condividere.
L’opera invita a considerare la pace non come utopia astratta, ma come una costruzione possibile, tassello dopo tassello, relazione dopo relazione. Ogni quadro è un “pezzo” della costruzione più ampia: un microcosmo di esperienze, ferite, memorie e rinascite. L’unione delle 16 pezze di tela ciascuna di 100 x 100 cm – omaggiate dall’azienda Filmar S.P.A. – a formare un unico corpo visivo, rappresenta l’idea che la pace si costruisce collettivamente, a partire dalla somma di volontà individuali, come quella del soldato bambino che depone le armi per abbracciare il coetaneo vittima della guerra. La cucitura diventa gesto politico: ciò che è separato può essere riunito, ciò che è frammentato può tornare intero.
La tecnica
Il supporto scelto è il velluto grigio, un materiale che evoca eleganza e profondità, ma anche assorbimento e silenzio. Su questa superficie è intervenuto l’uso della candeggina come mezzo pittorico: ogni segno è stato realizzato a mano, sfruttando l’azione corrosiva del prodotto per sottrarre colore e rivelare la luce. Questo processo di “distruzione creativa” è fondamentale: la pace, suggerisce l’opera, passa anche attraverso l’eliminazione di ciò che opprime, corrode e nasconde.
Le riflessioni dell’artista sull’opera
Ci è stata lasciata un’eredità incapiente, senza beneficio d’inventario. Un grande mosaico frantumato in sette miliardi di gocce, che si riflettono l’una nell’altra senza toccarsi davvero. In questo “teatro operativo”, il dialogo tace, l’ascolto si dissolve. Viviamo in uno stato di “liquefazione” ma non scorriamo insieme in cerca del mare, piuttosto ristagniamo, fermi immobili lamentandoci delle zanzare. Ci siamo ridotti a proteggere la nostra pozzanghera come un territorio assediato in cui l’altro non è compagno ma nemico, la terra patria, il territorio trincea. In questo contesto anche l’incontro è divenuto una missione ad alto rischio.
Appartengo a una generazione che, ahimè, ha visto la guerra tornare ad essere calda, viva, armata, e vicina. Ma purtroppo non è la sola. Ce ne sono altre, più silenziose ma non meno laceranti: quelle cognitive. Ogni giorno cerchiamo di sopravvivere ai continui bombardamenti mediatici, in cui tutto si confonde impedendoci di distinguere il vero dal falso, l’autentico dal costruito.
Mi sento di chiedere aiuto per la mia generazione.
E se è vero come disse Italo Calvino che “prendere la vita come un’opera d’arte” è ciò che ci resta, allora non dobbiamo più cercare la cattedrale, né l’architetto che ne ha perfettamente tracciato la planimetria, piuttosto l’operaio che si china a raccoglierne i frammenti.
Perché mai come oggi non ci serve l’illusione del capolavoro, ma il coraggio di abitare le rovine. Di restare lì, dove tutti fuggono.
E ricominciare.
Piece by piece.
Pezzo dopo pezzo.
Peace by peace.
Pace dopo pace.
Come quei due bambini che si guardano dritto negli occhi e racchiudono in quello sguardo la promessa silenziosa di ripartire, non da un tempio, ma da un semplice tetto, sotto il quale potranno tornare ad abbracciarsi liberamente e restare, per sempre, in pace.
Il ringraziamento del Presidente della Provincia, Emanuele Moraschini
“Considero Palazzo Broletto, sede dell’Amministrazione provinciale, la casa dei Comuni, simbolo di unione e di supporto reciproco, di riferimento per tutto il nostro territorio. Ed è, quindi, fisiologica per la Provincia la vocazione alla collaborazione, al rispetto e alla pace, nell’interesse collettivo. L’impatto visivo di Peace by Peace” è forte – sottolinea il Presidente della Provincia, Emanuele Moraschini – per il tema, le dimensioni, i cromatismi delicati ma d’effetto. L’opera, però, si fa emotivamente ancor più coinvolgente nella metafora della sua realizzazione: le pezze cucite tra loro a formare un’unica trama e il processo di sbiancamento del tessuto grigio attraverso la candeggina, per delineare le figure di due bambini, che ci porta a pensare come, nella distruzione ci sia la possibilità di fare affiorare il bello. È una richiesta-necessità di pace urlata dal più profondo che speriamo possa efficacemente diffondere la sua eco il più lontano possibile e trovare una risposta concreta. E siamo grati a Michele Battagliola che ci offre uno spunto di riflessione che si fa terremoto delle coscienze e ci richiama fortemente al vivere civile, la cui forma, spesso, risulta sbiadita da egoismi e chimere. Un grazie anche al curatore Davide Dotti che, con la sensibilità che da sempre lo contraddistingue, ha dato vita ad un nuovo progetto artistico che diventa un dono prezioso per la nostra comunità e per quanti vengono a scoprire il nostro territorio”.
L’artista
Michele Battagliola (Brescia, 1999) è un artista che è riuscito a fare dell’insolito incontro tra tessuti e candeggina il proprio “marchio di fabbrica”. Da sempre affascinato dalla urban culture, si interfaccia a questo linguaggio – da lui sempre sottovalutato – per pura casualità. È stato infatti rovesciando accidentalmente della salsa di soia sulla tovaglia di un ristorante che Michele ha compreso l’infinita potenzialità espressiva del disegno sul tessuto. Inizia così un lungo e incessante periodo di ricerca, volto a trovare l’agente perfetto in grado di dare un volto e una forma a quelle immagini che costantemente colpivano la sua sensibilità. In seguito a sperimentazioni con sughi e salse di diversa tipologia, decide di affidarsi a chi di tessuti se ne intende davvero; così, passando da una lavanderia all’altra, comprende come il suo lavoro non dovesse muoversi per aggiunta di materiali al supporto, bensì per sottrazione. Subentra quindi all’interno della sua produzione artistica la candeggina, il “contro-agente” presumibilmente più difficile da gestire ma che, se utilizzato con maestria e studiato attentamente a partire dalla struttura molecolare dei suoi componenti, è in grado di generare forme e colorazioni uniche. Dichiaratamente lontano da chi guarda alla propria produzione artistica come semplice prodotto a fine di lucro, Michele vive la sua arte come mero medium espressivo, da intendere da un punto di vista prettamente personale. Proprio per queste ragioni, i suoi variopinti tessuti non si trovano appesi all’interno di gallerie d’arte, bensì per le strade della sua città, il luogo ideale in cui si realizza e si consuma il legame empatico che si deve instaurare tra l’artista e il suo pubblico. Fondamentali sono i concetti di collettività e condivisione, conditio sine qua non della Street Art. Michele ha trovato infatti un modo singolare di mostrare le sue opere, lasciando sporadicamente velluti e frammenti di stoffe tra le vie del centro storico di Brescia, permettendo loro di entrare a tutti gli effetti all’interno del contesto urbano. Tra i suoi interventi di Street Art più recenti si segnala: “Al banco” in Piazza Vittoria; “Stop the violence” in Piazzetta Bruno Boni; “Evolution are you sure” in Piazza Garibaldi; e il murales in ricordo di Carlo Mazzone in Corso Garibaldi 19, sempre a Brescia.