Agricoltura bresciana: tutto in aumento, sia costi che ricavi

Anche quest’anno alcune doverose premesse, che diventano sostanza.

Nel 2021 le due premesse erano state il trascinarsi dell’effetto Covid 2019 e le prime importanti avvisaglie dei crescenti costi delle materie prime e dei costi di produzione, inizialmente limitate alle filiere zootecniche – per il rincaro dei componenti della razionale alimentare degli animali – e poi via via estese anche agli altri comparti produttivi. Erano – purtroppo – solo le prime avvisaglie….

Nel 2022 tali premesse rimangono – anche se le conseguenze del Covid si sono via via rimarginate -, anzi si sono evolute e moltiplicate: il rincaro delle materie prime è “esploso” con il conflitto Russia – Ucraina, con l’aggiunta dell’impatto dirompente di una annata calda e oltremodo siccitosa.

Quelle del cambiamento climatico e degli eventi atmosferici sempre più estremi non sono di certo tematiche nuove. Però nel 2022 e per la provincia di Brescia hanno avuto un impatto mai registrato in precedenza: temperature mediamente al di sopra della media – anche in primavera ed in autunno inoltrato! – e una scarsità di pioggia (e di neve…..) veramente preoccupante. Facile immaginarsi le conseguenze per le coltivazioni in pieno campo, soprattutto per i seminativi ma anche per i prati e i pascoli di montagna e addirittura per colture mediterranee quali la vite e l’olivo. Significativo come i 2 laghi di riferimento per la nostra pianura – Iseo ed Idro – ancora a fine ottobre registrino livelli di riempimento ai minimi storici.

Da una prima occhiata superficiale verrebbe da dire che l’annata 2021/2022 si chiude in modo assolutamente positivo: la PLV (produzione lorda vendibile) sale a valori record, con un aumento totale medio del 25%, rispetto alla precedente. Ma l’incidenza dei costi di produzione, che in molti casi non trova pari aumento nei prezzi al campo e alla stalla, hanno azzerato la marginalità delle imprese agricole. Basti evidenziare gli aumenti dei fattori energetici, che interessano in modo trasversale tutti i settori di produzione e tutte le filiere: energia elettrica + 135% dall’anno precedente (e +610% dal 2020!), petrolio rispettivamente + 50% e +150%.

I numeri dell’annata 2021/2022 dell’agricoltura bresciana evidenziano che:

  • In termini di valore della Produzione Lorda Vendibile complessiva, l’annata agraria segna il valore record di oltre 1 miliardo e 640 milioni di euro, con un combinato di aumenti di produzione e prezzi al chilo e al litro altrettanto record.
  • Come sempre è doveroso premettere e ricordare come il dato aggregato nasconde dietro di se situazioni differenti tra i vari settori produttivi, tra le diverse zone della provincia e tra azienda e azienda. E ricordare come in una media annuale ci stanno tutte le variazioni di mercato, quasi giornaliere e sempre più repentine. Doveroso altresì premettere che i valori rilevati sono “al campo” e “alla stalla”.
  • L’aumento del costo dei fattori di produzione è significativo e “pesante” per i bilanci aziendali. Il fenomeno che inizialmente interessava le filiere zootecniche – per il rincari dei componenti della razionale alimentare degli animali – si è via via esteso anche agli altri comparti produttivi. L’esplosione del prezzo del petrolio e dei suoi derivati e dell’energia in generale coinvolge davvero tutti.
  • Brescia e la Lombardia si confermano leader nazionali tra le province e le regioni produttrici di latte, con una percentuale in costante e continuo aumento: a livello provinciale la produzione ha superato il 12% del latte italiano ed in valore assoluto che ha ampiamente superato i 16 milioni di quintali (nel 2004 erano 10 milioni).
  • In tema di prezzo latte alla stalla, il combinato delle dinamiche dei mercati mondiali ed il contingente calo delle produzioni (almeno a livello europeo), con l’aggiunta dei costi di produzione alle stelle, ha portato a prezzi record, arrivando negli ultimi mesi a valori prossimi ai 60 cents litro. Il tutto purtroppo controbilanciato dai costi di produzione alle stelle e – per molte aziende bresciane – raccolti non in linea con le annate precedenti, sia in termini quantitativi che qualitativi.
  • Annata da ricordare anche per il Grana Padano: la quotazione del formaggio con stagionatura 9 mesi ha registrato una media annua di 8,40 euro/kg, dopo i già positivi 7,20 dello scorso anno. Sempre buoni i dati dei consumi interni, in aumento i valori dell’export.
  • Per i suini da macello (160 – 176 kg a destinazione prosciutti DOP) la media di quotazione CUN Commissione Unica Nazionale è salita a di 1,73 euro/kg.. Ma anche in questo caso è un dato che non deve trarre in inganno: anche quella suinicola è una filiera in sofferenza per i lievitati costi di produzione. Si è aggiunta la spada di Damocle della PSA (Peste Suina Africana), registrata ad inizio anno sul territorio nazionale. Al momento non nella nostra regione e non in allevamenti professionali, ma la preoccupazione e le misure di prevenzione sono altissime.
  • Analoghe considerazioni per i suinetti italiani: mercato ancora più in difficoltà e crescenti costi di produzione. Stazionaria la consistenza delle scrofe allevate, comunque drasticamente diminuite nell’ultimo decennio. Che, giova ricordarlo, rimangono la base per il rilancio della suinicoltura italiana: al centro i suini italiani, nati nelle scrofaie italiane e allevati in Italia.
  • Valori di mercato in sensibile aumento anche per i bovini da carne, soprattutto per la carne rossa, che sconta comunque prezzi elevati per il ristallo. A corrente alterna l’annata per i vitelli a carne bianca, dopo la profonda crisi causa emergenza covid. Per tutti vale comunque il ricorrente ragionamento sui costi di produzione.
  • Complesso ed articolato l’andamento del mercato per il comparto avicolo che – giova ricordarlo – nei mesi di pieno lockdown ha garantito uova e carne per le tavole degli italiani, con prezzi di mercato adeguati. Gli aspetti positivi di un mercato tornato alla normalità – nel quale uova e carni italiane rimangono apprezzate dai consumatori – devono fare i conti con le negatività dei costi di produzione e con le “ondate” della concorrenza sleale di prodotti stranieri, che spesso non rispettano le stesse regole italiane. Per Brescia e la Lombardia in generale, per l’annata 2021/2022 va ricordata l’emergenza influenza aviaria, che ha limitato non poco e per parecchi l’attività, sia degli allevamenti che delle filiere locali.
  • Annata complicata anche per api e miele. Dopo un inizio discreto, la siccità ha portato gravi conseguenze soprattutto nei mesi estivi e soprattutto nelle zone non irrigue (collina e montagna comprese) con importanti riduzione nella produzione di miele.
  • Nonostante la siccità, il mais rimane sempre il leader delle superfici a seminativi. Per chi ha avuto regolare disponibilità di acqua per irrigazione, è stata comunque una buona annata. Ma per molte aziende la carenza idrica si è tradotta in rese ridotte in modo importante e – purtroppo – in qualità del prodotto non ottimale (che sia granella o trinciato). In molte parti della provincia il cosiddetto “mais di II raccolto” non né nemmeno stato seminato. Talvolta è stato rimpiazzato da colture alternative, con alterne fortune. Per mais annata da ricordare i prezzi al campo.
  • Ormai da qualche anno la relativa minor superficie destinata a mais è stata controbilanciata da un aumento significativo (in percentuale) dalle altre colture tradizionali, quali orzo e frumento tenero. In netta contrazione invece la coltivazione della soia, causa le prospettive di siccità. Anche per orzo e frumento, annata da ricordare per i prezzi al campo.
  • Sempre da ricordare le cosiddette coltivazioni minori: diventano sempre più significative le superfici destinate a colture non tradizionali (per la nostra provincia) ma richieste dal mercato, quali pomodoro da industria, fagiolini freschi, patate, zucche e meloni.
  • Con le spese mediamente raddoppiate, settore florovivaistico in profonda crisi. Gli aumenti più eclatanti riguardano energia, gasolio e fertilizzanti, ma nessuna voce di spesa è esente, fino ai vasetti, al vetro e alla carta. Si punta sulla “campagna promozionale” nello scegliere fiori e piante di produzione e coltivazione nazionale, nonché sul combattere la concorrenza sleale di prodotti importati dall’estero, che non sempre rispettano le stesse regole su ambiente, salute e diritti dei lavoratori.
  • Molti gli aspetti positivi per l’olivo e l’olio extravergine di oliva: dopo lo scorso anno di raccolta zero si è tornati a produrre discrete quantità, purtroppo rese minori a causa della siccità. Da un punto di vista fitosanitario non si sono riscontrati problemi significativi se non la cascola verde che è stata però compensata da una maggiore pezzatura delle olive rimaste. Acquisti da parte di clienti esteri ed export in continuo aumento anche grazie alla positiva stagione turistica che si è protratta anche nei mesi autunnali beneficiando del clima favorevole. Non mancano gli aspetti negativi: aumento dei costi di produzione in particolare per quanto concerne i consumi energetici, oltre all’aumento dei costi di gasolio, prodotti fitosanitari, concimi e materie per il confezionamento come vetro, capsule ecc. (+40% stima dell’aumento dei costi di produzione). La siccità ha causato un calo delle produzioni potenziali di circa un 20%
  • Buona, in molti casi ottima l’annata in campo e in cantina per la viticoltura Condizioni climatiche ed ambientali ottimali, salvo la siccità sofferta in alcune zone. Molti gli aspetti positivi: grande richiesta di prodotto, incremento a due cifre degli ordinativi in tutte le zone, grande presenza di turisti e quindi incremento importante di vendita diretta in cantina, incremento dell’export, aumento del prezzo delle uve in tutte le zone e Prezzo del prodotto vino in aumento. Non sono mancati alcuni aspetti negativi, quali la vendemmia in anticipo a causa del caldo/siccità di circa 10 giorni e – soprattutto – l’aumento dei costi di produzione che supera il 40% (energia, vetro, gasolio ecc.).
  • Ancor di più per vino e olio va sempre precisato che il dato che riassume la PLV e che è stato riportato il tabella è decisamente sottostimato. Si riferisce infatti al puro valore delle uve e delle olive e non comprende il maggior valore aggiunto derivante dalla trasformazione e dalla vendita diretta del prodotto finito effettuato dalle stesse imprese agricole.
  • Va sempre ricordato che – a livello di dati aggregati – non è sempre possibile rilevare il valore aggiunto che molte imprese agricole realizzano nell’accorciamento della filiera con la vendita diretta o con le opportunità offerte dalla multifunzionalità (attività agrituristica, fattorie didattiche, tutela del verde e del territorio, trasformazione diretta con minicaseifici e spacci aziendali, etc…).
  • Tornando ai dati dell’agroalimentare bresciano, è bene evidenziare che non per tutte le filiere c’è una uguale valorizzazione “in loco”: si passa dalle olive e dall’uva che vengono per la quasi totalità trasformate e valorizzate nelle cantine e nei frantoi della nostra provincia, alla filiera suinicola che non ha impianti di macellazione nella nostra provincia. E sono numeri importanti, di animali che concorrono alla produzione delle DOP Prosciutto di Parma e Prosciutto di San Daniele. E lo stesso discorso vale anche per i bovini da carne: nella nostra provincia vi sono importanti impianti di macellazione, ma molti capi vengono macellati in impianti fuori provincia e fuori regione.
  • Discorso a parte per la filiera lattiero casearia: nella nostra provincia operano 50 primi acquirenti riconosciuti (26 cooperativi e 24 privati) che lavorano gran parte del latte prodotto a Brescia. Ma molto latte bresciano finisce anche nei impianti di lavorazione fuori provincia e fuori regione. È bene sottolineare che Brescia è nella area di produzione delle DOP Grana Padano, Taleggio, Quartitolo, Gorgonzola, Salva Cremasco, Silter e Nostrano della Val Trompia. E vi sono anche oltre 400 produttori di latte che trasformano e vendono direttamente al consumatore finale, in montagna ma anche in pianura.
  • Infine la classica occhiata al livello occupazionale della nostra agricoltura: nel periodo 2015 – 2021 il saldo di occupati rimane in positivo, con i circa mille lavoratori autonomi in meno ampiamente compensati dai nuovi lavoratori dipendenti. I dati INPS sono importanti e rappresentano gli occupati professionali e i dipendenti.

Da non dimenticare le migliaia di altre realtà agricole – condotte a livello part –time o da coltivatori pensionati – che svolgono comunque un insostituibile ruolo di tutela e salvaguardia del territorio e dell’ambiente.