Comunicato di Associazione Dieci sui recenti casi di femminicidio

In sette giorni sono state uccise sette donne, da sette uomini e, all’ottavo giorno, abbiamo scoperto che, forse, la colpa era anche loro. Forse perché troppo aggressive, troppo esasperanti,troppo esagerate, troppo libere o, a volte semplicemente, solo troppo belle. E’ come se, dopo un furto, si dicesse alla vittima di essere colpevole per aver portato con sé il portafoglio, perché, se fosse stata un po’ più prudente e lo avesse lasciato a casa, sicuramente il fatto non sarebbe avvenuto.

Però purtroppo a, Alessandra, Sonia, Giuseppina, Rita, Angelica, Anna e Chiara, le sette donne uccise per mano di sette uomini in questi ultimi sette giorni, questi rimproveri non li potremo
più fare. Ma in Italia ci sono ancora 31 milioni di donne a cui fare questo discorso, cerando di dissuaderle dal comportarsi in quel determinato modo, forse un po’ troppo emancipato e inopportuno, avvertendole al contempo della possibilità che, continuando su quella strada, un giorno o l’altro i loro compagni o ex compagni (o padri, fratelli, o uomini incontrati per caso) potrebbero essere senz’altro giustificati dal mortificarle, picchiarle, violentarle o perfino ammazzarle.

Questo è il messaggio che per secoli ha rafforzato la cultura patriarcale, ma che oggi non possiamo più accettare. Basta colpevolizzare la vittima e giustificare il colpevole. La violenza, anche quella psicologica, non ha ragioni e tutti, uomini e donne, dobbiamo combatterla.

Per questo motivo, in primis, ci rivolgiamo ai mezzi di informazione, ma anche alla comunità intera, per chiedere di trattare nel modo corretto gli episodi di cronaca che riguardano la violenza di genere (almeno seguendo le Raccomandazioni della federazione internazionale dei giornalisti – IFJ per l’informazione sulla violenzacontro le donne e Manifesto di Venezia del
25/11/2017) perché le parole sono sostanza, perché dalle parole si crea la cultura, anche quella paritaria.

Ci rivolgiamo poi alla politica e alle istituzioni per chiedere ulteriori interventi normativi, non solo punitivi, perché è del tutto evidente che il Codice Rosso non riesca ad arginare il problema. Non basta più punire i colpevoli, ma è necessario colpire quella cornice culturale all’interno della quale i responsabili vengono spesso protetti e spalleggiati. C’è bisogno di una rivoluzione. Una rivoluzione culturale.

PER ASSOCIAZIONE DIECI
Alessandra Milani