STORIE DAL MONDO – Michela, il Giappone e, come direbbero i francesi… un “coup de foudre”

Michela con la sua esperienza in Giappone, è un regalo di Silvia; un’altra franciacortina all’estero che dopo essere stata contattata per raccontarci la sua esperienza in Danimarca ci dice di aver parlato del nostro progetto con questa amica, da subito disponibile a rispondere alle nostre curiosità.

Michela Figliola, classe 1989, dalla Franciacorta a Tokyo, sempre piena di idee e con mille progetti, ma soprattutto innamorata dei viaggi e della cultura giapponese.

Ciao Michela, quando Silvia ci ha parlato di te e del Giappone ti ha descritta solare, esplosiva, un vulcano di idee e con mille progetti. Ci ha detto tutto oppure ha dimenticato qualcosa?

Silvia mi conosce bene. Abbiamo la stessa età e fino a prima di trasferirci all’estero abbiamo vissuto entrambe ad Erbusco dove abbiamo le nostre origini. Cosa aggiungere a quello che vi ha raccontato? Semplicemente che sono una sognatrice ambiziosa e chiacchierona, e che amo viaggiare low cost ma senza rinunciare al comfort ed alle esperienze particolari.

Michela in abito tradizionale giapponese

Ad un certo punto le vostre vite prendono strade completamente diverse e mentre lei rimane in Europa, tu hai scelto di lasciare Erbusco per il Giappone, destinazione Tokyo. Cosa ti ha spinta a prendere questa decisione?

Una decisione presa semplicemente per amore, quello per la cultura tradizionale giapponese. Quando ho fatto il primo viaggio in Giappone nel 2013, ho sentito una specie di richiamo e visto che il mio futuro avrei voluto crearlo lì. Nei successivi 4 anni mi sono mossa, informata, ed ho studiato attentamente quali strade avrei dovuto imboccare per trasferirmi e nel frattempo ho portato avanti anche un’attenta riflessione per capire se sarei effettivamente stata in grado di adattarmi al Giappone. Nel giugno 2017 sono quindi partita con un visto studentesco di due anni.

3 anni e mezzo nei quali, sicuramente, avrai provato tante emozioni e con i quali avrai arricchito il tuo bagaglio! Qual è il tuo ricordo più significativo?

Di emozioni ce ne sono state parecchie, ma direi che il momento più importante qui in Giappone è stato quando sono riuscita ad ottenere il visto lavorativo, che garantisce molta più sicurezza rispetto al visto studentesco (legato invece all’obbligo di frequenza a scuola e costo elevato).

Sei riuscita ad ambientarti velocemente in una nuova città?

Avendo già visitato 3 volte Tokyo in precedenza, è stato abbastanza facile capire sia come muoversi che come organizzarsi. La cosa un po’ più complessa è la burocrazia, dove in ogni cosa che richiede documenti e moduli da compilare … l’inglese non è quasi mai utilizzato, ed il giapponese è una lingua estremamente lontana da noi. Tuttavia la gentilezza generale aiuta a superare con facilità sia lo scoglio linguistico che quello culturale.

 

Quali progetti avevi quando sei partita, e quali sono i tuoi progetti futuri?

Sono partita con un visto studentesco perché il più facile da ottenere e il progetto iniziale era quello di, dopo l’anno e mezzo di scuola di lingua (che no, non è sufficiente a padroneggiare il giapponese), di trovare un lavoro che mi facesse da sponsor per il visto lavorativo.

Il passo successivo sarebbe stato quello di lavorare nell’ambito della promozione turistica del Giappone, specialmente delle aree meno conosciute, ed in parte è quello che sto facendo con l’azienda per la quale lavoro che si occupa sia di digital marketing che di viaggi incoming (prima del Covid-19).

In futuro conto di continuare su questa strada e magari avviare una mia attività legata alla promozione turistica, così da convogliare lì anche quanto faccio con il mio blog di viaggi (www.warmcheaptrips.com).

Il Giappone e il lavoro; quali difficoltà, oltre alla lingua, può incontrare uno “straniero” che cerca occupazione? Quali possibilità di carriera? E per avviare una nuova attività?

Un grosso scoglio è l’immigrazione: non basta trovare un lavoro inteso come azienda disposta ad assumerti full-time e a garantire per te, l’immigrazione deve decretare che tu hai le qualifiche per fare quel determinato lavoro e che ciò che andrai a fare tu non possa essere fatto (o non voglia essere fatto) da un giapponese. Solitamente il requisito fondamentale è il possesso di una laurea o almeno 10 anni di esperienza lavorativa come dipendente full time nel settore in cui si applica. Io non essendo laureata, ho avuto fortuna che il mio settore richieda meno anni di esperienza lavorativa (ne avevo 9).

Una volta entrati in azienda, le possibilità di carriera si basano esclusivamente sugli anni di lavoro nella stessa per quelle di vecchio stile, nelle capacità personali in quelle più moderne. L’essere straniero non è generalmente una discriminante.

Per avviare una nuova attività invece basta presentare un business plan e depositare l’equivalente di 50.000 € su un conto giapponese. Questo denaro potrà essere usato per le spese di avvio attività. Un partner giapponese non è obbligatorio, ma è fondamentale avere qualcuno madrelingua che aiuti con le varie pratiche burocratiche che saranno solo, ed esclusivamente, in giapponese. E’ ovviamente possibile pagare un commercialista/avvocato giapponese per questo, ma personalmente consiglio di trovare qualcuno di fidato anche perchè il costo potrebbe rivelarsi più alto dell’investimento iniziale di apertura attività…

Dal tuo amore per i viaggi nasce anche il tuo blog; uno strumento che è passato dall’essere il tuo diario di viaggio, al diventare uno strumento di lavoro. Quando ti sei resa conto delle potenzialità di questa tua passione?

Il mio blog è nato con l’intento di aiutare le persone ad organizzare i propri viaggi e trovare destinazioni meno conosciute. Ben presto ho scoperto tutto quello che “c’è dietro”, dallo scrivere per il web al digital marketing ed ho quindi iniziato a formarmi nel settore. Ancora adesso  il blog è una passione, ma le competenze acquisite grazie a quello, mi sono tornate poi utili nel mondo del lavoro. Ora che in azienda applico le stesse nozioni per aiutare i clienti a crescere dal punto di vista del digital, mi rendo continuamente conto di quanto questa passione sia stato il motore che mi ha portata qui.

Erbusco e la franciacorta, rispetto al Giappone, non sono proprio dietro l’angolo. Ogni quanto torni, e come riesci a coltivare le amicizie storiche?

L’idea originale, era quella di tornare in Italia una volta ogni un anno e mezzo… essendoci stata nel periodo natalizio del 2018, avrei dovuto tornarci nell’estate 2020… ma sappiamo tutti cos’è successo. Spero di poter tornare nel tardo 2021, augurandomi che con il procedere dei vaccini ritorni più facile viaggiare senza dover trascorrere un mese in quarantena (15 giorni in Italia + 15 giorni al rientro in Giappone).

Fortunatamente con la tecnologia le distanze quasi si azzerano e così, tra videochiamate e messaggi, si riesce a rimanere aggiornati su tutto. Anche sui pettegolezzi! 😛

Come è la vita di una franciacortina all’estero? Quali sono le principali differenze con l’Italia?

Le differenze tra Giappone ed Italia in generale sono un’infinità. Ma soprattutto ci si scontra un po’ con lo stereotipo dell’italiano “pasta, pizza e mandolino”, quando invece solitamente i franciacortini sono dei gran lavoratori che a testa bassa si rimboccano le maniche e portano risultati concreti e duraturi.

Fortunatamente, come il vino della nostra terra, ben presto tutti si accorgono di quanto preziosi e di valore siamo. J

Raccontaci qualche curiosità su Tokyo e il Giappone!

Tokyo è la città più grande del Giappone, con i suoi 14 milioni di abitanti, e solo per andare da un lato all’altro della “zona centrale” ci si impiega almeno un’ora (in treno. In auto, probabilmente anche di più.).

E parlando di treni, qui sono sempre pulitissimi, ma soprattutto sui treni non si parla al telefono; sugli shinkansen – i treni ad alta velocità – e sui treni a lunga percorrenza ci sono aree dedicate nel caso si debba fare una chiamata.

Il Giappone è composto da tre alfabeti… e nella scrittura quotidiana vengono usati tutti e tre insieme. Il Giappone, inoltre, è veramente il paese dei contrasti, dove si trovano cose esattamente agli antipodi. Un esempio? E’ considerato il paese della tecnologia, dove troviamo persino degli hotel gestiti da androidi!, ma dove anche moltissime aziende utilizzano ancora il fax come mezzo di comunicazione, inclusa la trasmissione dei numeri riguardanti i casi di Covid…

Ripensando alla Franciacorta, quale luogo ti è rimasto nel cuore?

Essendo io di Erbusco, direi proprio il mio paese… la vista che si ha dalla strada principale, con i vigneti e Villa Lechi. E poi i vari eventi e le tradizioni, a partire dalla Sfilata Storica del Palio delle Contrade per San Gottardo.

E poi come non ricordare Iseo con il suo lungolago e le Torbiere del Sebino.

E se potessi portare qualcosa della Giappone in Franciacorta, cosa porteresti?

Inizierei con l’importare il rispetto del prossimo e della proprietà altrui, sia che si tratti di un luogo pubblico (niente atti vandalici, spazzatura gettata a caso, mozziconi di sigarette buttati a terra), sia che si tratti di proprietà privata. Provate voi a lasciare pc e telefono incustoditi sul tavolino del cafè; qui a nessuno passa per la mente l’idea di toccarlo.

E poi, porterei il sushi. Quello vero! J