Paola Ciociola fresca di una nuova laurea, vi parla della sua tesi

L’argomento é interessante e merita approfondimento. Se siete interessati scrivetemi!

Buona lettura

 

Oggi ho deciso di parlarvi della disprassia. La disprassia è il disturbo della coordinazione motoria. Un disturbo multisistemico che coinvolge molti aspetti dello sviluppo della crescita e della personalità del bambino. Durante il mio percorso professionale, mi sono sempre informata e mi ha sempre attratto questo argomento. Ho sempre osservato i bambini disprassici e ho notato che oltre ad essere Goffi, e quindi con difficoltà non solo di deambulazione, di movimento in generale E soprattutto di motricità fine, hanno difficoltà importanti in termini di organizzazione spaziale, evidenti in modo preponderante nella scrittura e nell’orientamento grafico sul foglio. Da qui il mio interesse ad approfondire disprassia e disgrafia insieme. Dal punto di vista neuropsicologico quello che c’è alla base di tutto è il movimento volontario ovvero quel movimento complesso, indipendentemente dagli stimoli fisici, diretto ad uno scopo, migliorabile con la pratica e che richiede il funzionamento di diverse aree e strutture cerebrali corticali e sottocorticali e la loro corretta integrazione Con i sistemi sensoriali. Queste sequenze di movimento volontario che vengono azionate grazie a pattern funzionali facenti parte di altre strutture del sistema nervoso centrale nascono in epoca prenatale quando il bambino è un feto.

Passando alla scrittura, essa è un insieme di segni orientati e di simboli disegnati, ne consegue che quindi la disgrafia, a rigor di logica, sia il tratto e il segnale più precoce e ricorrente delle patologie disprassiche. La disgrafia fa riferimento al controllo degli atti grafici e della scrittura manuale, ed è legata al momento motorio esecutivo della prestazione. Alcuni studiosi dedussero che la disgrafia potesse essere un importante indicatore per la disprassia stessa, ma è anche vero che la disgrafia potrebbe essere il segno ed il sintomo di numerose altre patologie cliniche. Mi sono chiesta Allora quali fossero le caratteristiche della disgrafia su base disprassica. Approfondendo e studiando l’argomento ho compreso che le caratteristiche della disgrafia su base disprassica sono:

 

  1. Performance fluttuante
  2. Disarmonia e disorganizzazione dello spazio di scrittura 3. Tratto grafico completamente disorganizzato e grosso 4. Lentezza di esecuzione È vero anche che però, nessuno di questi segni presi singolarmente è sufficiente a porre una diagnosi vera e propria. Serve piuttosto Considerare due cose importanti ovvero il gesto grafomotorio e cioè il disegno delle lettere e l’attività cognitiva associata all’attività linguistica.

Un esempio emblematico è la riproduzione del disegno geometrico complesso come la figura di Rey. I disprassici presentano tratti disomogenei e disarmonici, esitazioni, disordine nello spazio, anomalie nella velocità esecutiva, anomalie nella forma.

Quindi analizzando le variabili legate al tratto che costituiscono quelle che sono le basi disprassiche della disgrafia troviamo:

  1. Spazio: disorganizzazione dello spazio e anche del tempo utilizzato per quello spazio preciso con produzione grafica sproporzionata 2. Fluidità: difficoltà a coordinare la manualità ed il gesto della mano e delle dita in asse con la spalla ed il polso. Il tratto quindi è spezzato e non fluido 3. Direzione: i bambini disprassici non sanno mantenere una direzione costante nel disegno e nella scrittura a causa di difficoltà della coordinazione oculo manuale 4. Dimensione del tracciato 2 punti è la grandezza del grafema. Il bambino disprassico produce un tracciato grande è dispersivo.
  2. Grado di inclinazione 2 punti i bambini disprassici tendono al rovesciamento delle lettere.

 

In conclusione cosa si può fare dunque?

Si può potenziare fin dalla scuola dell’infanzia il gesto grafico, rafforzare l’abitudine a fare a mano, incentivare lo sviluppo di abilità di motricità fine fin dai primi anni di vita.