Intervista speciale a Paolo Palumbo

D: Ciao Paolo, innanzitutto grazie per il tuo grande coraggio nell’affrontare un nemico così grande e con il tuo esempio, aiuti tante persone che vivono le tue difficoltà, ad affrontarle con un pizzico in più di forza d’animo. Dove hai trovato tutta questa forza?

Io e chi mi sta intorno ci diamo la carica a vicenda. Quando ho ricevuto la diagnosi, ho detto subito a tutti che non dovevano disperarsi, perché se loro erano distrutti io che cosa avrei dovuto fare? Da quel momento chi mi circondava ha capito che la positività era l’unico atteggiamento di cui avevamo bisogno per superare le difficoltà, e così è stato. Chi mi circonda sorride perché mi vede sorridere, ed io mi sento incoraggiato ad alimentare quei sorrisi. è un circolo virtuoso!

 

D: Come è nata l’idea di scrivere la canzone “Io sono Paolo” e come hai conosciuto Cristian Pintus?

Quando Cristian (in arte Kumalibre) è venuto a conoscenza della mia storia, ha deciso di dedicarmi una canzone perché si sentiva molto legato alla vicenda. Mi ha inviato il brano e poi siamo diventati amici. In breve tempo ci siamo messi al lavoro insieme sulla canzone ripensandone il ritornello e certe parti, fino ad arrivare all’idea di inserire anche la mia voce. Abbiamo sperimentato!

 

D: Raccontaci di Sanremo. Quando ti hanno detto che saresti salito su quel palco, cosa hai provato? E quali emozioni hai sentito durante quell’esperienza?

Ricevere l’invito è stata un’emozione indescrivibile. Non essendo un cantante, essere ospite è stato un grandissimo regalo perché mi ha dato l’opportunità di portare il mio messaggio di vita a milioni di persone.

Salire sul palco è stato un mix di sensazioni che è difficile ricordare in modo lucido. Ero emozionato come un bambino a Natale, però c’era anche l’adrenalina dovuta alla consapevolezza di stare per vivere un momento indimenticabile, forse il più importante della mia vita.

 

D: In una parte contenuta nel brano, racconti di una tecnica che serve per poter far sentire i sapori a coloro che soffrono di “disfagia”. Tu sei appassionato di cucina, ci puoi raccontare di cosa si tratta?

Certo. La SLA ed altre malattie neurodegenerative portano ad una condizione fisica chiamata Disfagia, che consiste nell’impossibilità di deglutire, poiché i muscoli della gola sono atrofizzati. I pazienti che soffrono di disfagia sono un numero esorbitante, e vengono nutriti tramite PEG, un tubo che entra direttamente nello stomaco e porta tutte le sostanze di cui il nostro corpo ha bisogno. Quando ho effettuato i controlli al NEMO di Milano ho conosciuto un paziente con la SLA e gli ho chiesto che cosa gli mancasse di più della sua vita prima della malattia: quando mi ha detto “i sapori” mi sono sentito emotivamente coinvolto. Grazie ad un complesso processo di cucina molecolare, sono riuscito ad estrarre i sapori dei singoli ingredienti di un piatto, trasformandoli in forma di goccioline. Queste essenze, se messe su un tampone per la pulizia del cavo orale, stimolano le papille gustative e permettono ai malati di disfagia di risentire il piacere dei sapori di piatti complessi.

 

D: Nei prossimi giorni, sarai impegnato in giro per le scuole italiane, per sensibilizzare i giovani al “rispetto” della vita. Sei pronto per questo impegno che ti vedrà coinvolto, e secondo te, perché tanti ragazzi ricercano la felicità effimera abusando di alcool e droga?

Tutti i giorni sentiamo parlare di giovanissimi, che attirati da aguzzini interessati ai soldi finiscono in un buco nero di disperazione… I motivi per cui si finisca in quelle condizioni possono essere tantissimi, dalla mancanza di amore alla necessità di dimenticare un dolore… Io provo compassione per questi ragazzi, ma anche molta rabbia, perché si rovinano la vita o addirittura la perdono, solo per qualche misero secondo di sollievo. E mentre loro si lasciano andare, ci sono persone come me che combattono per restare in questo mondo, ma hanno qualcosa dentro che non dà tregua! La SLA è una droga che mi è stata somministrata contro la mia volontà, che ha mandato in overdose i miei muscoli, ma non è stata capace di intaccarmi il pensiero… Ed è proprio il pensiero, dove risiede la forza di volontà, che mi aiuta a combattere questa battaglia. Perciò, a tutti coloro che mi ascoltano e che conosco qualcuno che ha rischiato o sta rischiando tutto con le droghe, chiedo di trasmettere questo messaggio: per quanto tu ti senta debole, solo, compromesso e senza via di scampo, sappi che la soluzione a tutto ciò non è in una siringa, ma è nella forza che tieni dentro e che non sai di avere.

 

D: Secondo te, l’Italia è un paese per diversamente abili?

Da un certo punto di vista sì, ma c’è ancora moltissimo lavoro da fare. Per quanto la maggior parte della gente che mi segue sia educata e amorevole, ci sono sempre quei pochi individui che offendono a titolo gratuito e che mi dicono di stare al mio posto in quanto disabile. Finché ci sarà anche solo una persona che la pensa così, qualsiasi posto non sarà del tutto fatto per i diversamente abili.

 

D: Grazie Paolo, da noi di Radio Bruno Brescia per il tuo coraggio e la tua forza. Ti vogliamo sempre combattivo e positivo.  Ti aspettiamo con un nuovo lavoro musicale.

Grazie ragazzi, non vi preoccupate, di progetti musicali ne ho molti e presto potrete riascoltare la mia voce sulle vostre frequenze!