Patate bresciane gustose e sicure per tramandare la tradizione

Domenica 13 settembre Coldiretti partecipa all’edizione “in sicurezza”  della storica sagra di Gottolengo, con concorso e degustazione

“Un terreno sabbioso vocato alle colture tuberose, una tradizione antichissima che si trasmette di padre in figlio, un legame al territorio senza precedenti. Questi gli ingredienti per la produzione della patata che, nel comune di Gottolengo, trova la sua esaltazione nell’annuale festa dedicata”. Le parole di Claudio Davorio, imprenditore agricolo di Gottolengo, raccontano la dedizione e l’impegno di intere generazioni nel tramandare una pratica agricola molto sentita in questa zona della provincia. Proprio qui, Davorio ha destinato  2 ettari a patata da consumo, commercializzati attraverso il punto vendita aziendale e la consegna a ristoranti e agriturismi del territorio.

Un’eccellenza produttiva che coinvolge, in realtà, tutta la nostra provincia. La patata bresciana – spiega Coldiretti Brescia – viene coltivata su 135 ettari  prevalentemente nei comuni di Ghedi, Gambara, Leno, Montichiari, Gottolengo, Isorella, Capo di Ponte, Palazzolo sull’Oglio e Chiari. Appezzamenti di tubero sono anche coltivati in Franciacorta, nella zona dell’Alto Garda, in Valle Sabbia,  nella bassa bresciana e in Valle Camonica e ha una resa media di 120 quintali/ettaro.

La produzione bresciana di patate rappresenta una “nicchia” qualitativamente importante, riconosciuta tra le migliori del settore – precisa Lorenzo Bazzana responsabile settore ortofrutticolo di Coldiretti nazionale – questo grazie alle caratteristiche ideali del terreno, ma anche alla capacità degli imprenditori del territorio, che negli anni si sono specializzati per servire al meglio le diverse filiere di destinazione del prodotto, dalla vendita diretta alla trasformazione industriale”.

Esistono varie tipologie di patata prevalentemente caratterizzate in base al canale di commercializzazione. La maggior parte (circa 80% ndr) viene destinata all’industria di trasformazione con la produzione di patate fritte congelate,  chips e preparati pronti, resta di “nicchia” la patata da consumo diretto.

“Coltivo 4 ettari di patate a Montichiari – racconta l’imprenditore agricolo Festa Giuliano – sono contento dell’annata, la resa è stata buona e come al solito ho conferito l’intero prodotto all’industria. Bisogna però stare attenti alla situazione futura, la concorrenza dei paesi stranieri si fa sentire sempre di più e il rischio è che, se non adeguatamente tutelati, saremo costretti a smettere di produrre questo  tubero che è garanzia di un prodotto controllato e sicuro perché coltivato in Italia”.

La vera sfida oggi è quella di caratterizzare e differenziare la propria produzione – continua Coldiretti Brescia – a fronte della grande quantità di patate di importazione, legandola a territori vocati dal punto di vista pedo-climatico, con una forte tradizione nella coltivazione, come nel caso di Gottolengo e di altre realtà bresciane. Il tutto garantendo al consumatore e all’industria un prodotto con una sua identità geografica, coltivato nel rispetto dell’ambiente e della salute, con caratteristiche organolettiche di eccellenza.

 

UN PO’ DI STORIA

La patata, originaria della regione sudamericana delle Ande, venne introdotta in Europa dagli spagnoli attorno al 1570 e per circa due secoli rimase in una sorta di limbo, confinata tra le curiosità vegetali all’interno degli orti botanici. Solo successivamente, verso la fine del XVIII secolo, iniziò la coltivazione, non prima però che venissero fugate le diffidenze verso un prodotto che non solo cresce sottoterra e che nella credenza popolare sembrava poter essere un qualcosa di diabolico, ma che in particolari condizioni, come una prolungata esposizione dei tuberi alla luce del sole, sviluppa una sostanza tossica, la solanina. Superate diffidenze e maldicenze, la patata ben presto diventò la base alimentare della parte più povera della popolazione dell’Europa centro-settentrionale, dove trovò un ambiente particolarmente adatto alla coltivazione.